Terapia Breve Strategica

La Terapia Breve Strategica può essere definita “l’arte di risolvere problemi complicati mediante soluzioni apparentemente semplici”. Caratteristica distintiva di questo modello innovativo di psicoterapia, infatti, è la sua capacità di produrre cambiamenti in tempi brevi (generalmente qualche mese) anche nel caso di disturbi molto radicati e che persistono da anni.

La Terapia Breve Strategica non si occupa della ricerca delle cause dei problemi nel passato, ma si focalizza sull’introdurre cambiamenti nel presente, orientati alla totale risoluzione del problema presentato e al raggiungimento dell’obiettivo concordato con il paziente.

L’estrema efficacia e rapidità dell’intervento strategico è resa possibile da oltre 30 anni di rigorosa ricerca empirico-sperimentale, portata avanti da Giorgio Nardone e dai suoi collaboratori presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, che ha permesso la messa a punto di protocolli di intervento specifici per specifiche patologie.

In una Terapia Strategica il rigore del problem solving si unisce alla estrema flessibilità dell’intervento, che viene sempre adattato all’unicità e originalità di ogni singolo individuo. L’intervento strategico è in grado di produrre i primi significativi miglioramenti già a partire dalle prime sedute, grazie all’utilizzo di tecniche sofisticate di conduzione della prima seduta (dialogo strategico) e all’utilizzo di piccoli compiti (“prescrizioni”) che il paziente dovrà mettere in pratica tra una seduta e l’altra.

Una Terapia Strategica si pone due obiettivi: da un alto, la totale estinzione della sintomatologia presentata dal paziente, dall’altro portare allo stabilirsi di un un nuovo equilibrio personale, più elastico e flessibile nelle relazioni che la persona ha con se stessa, gli altri e il mondo.

Per questa ragione, i risultati ottenuti (88% di casi risolti) non sono meramente sintomatici ma duraturi nel tempo senza rischio di ricadute, come testimoniato dagli appuntamenti di controllo (follow up) che si effettuano a distanza di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia.